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Niente packaging, plastica e (quasi) solo prodotti locali

Niente packaging, plastica e (quasi) solo prodotti locali

Nel borgo di Ossana, nella trentina Val di Sole, il Comune ha assegnato un immobile di proprietà comunale per realizzare un supermarket a basso impatto: niente confezioni di plastica, obbligo di vendere la maggior parte di prodotti sfusi e provenienti in larga parte da massimo 110 chilometri. Ad aggiudicarselo, una giovane imprenditrice con un obiettivo: creare un agrodistretto biologico ai piedi dell’Ortles Cevedale.
 
Ossana, 11 giugno 2019 – Il packaging: il più delle volte è del tutto superfluo. E un supermercato può diventare una vetrina di prodotti locali e contribuire al rafforzamento delle economie territoriali e delle filiere corte. Sono i due fili conduttori che porteranno alla nascita in Alta Val di Sole di un punto vendita piuttosto particolare: un supermarket che offre quasi esclusivamente prodotti sfusi, realizzati da aziende operanti nell’arco di una manciata di chilometri e abolendo del tutto i sacchetti di plastica (per quanto compostabili).
L’idea è partita dal Comune di Ossana, borgo trentino che da anni sta realizzando una serie di scelte per ridurre la propria impronta ecologica, a partire da quelli del settore turistico ed è in prima linea per scelte di sostenibilità ambientale.
“Dovevamo assegnare un locale di proprietà comunale a Fucine, una frazione del nostro Comune, attraverso un bando di gara” spiega il sindaco di Ossana, Luciano Dell’Eva. “Per questo ci siamo chiesti: perché non cogliere l’occasione per assegnalo a chi voglia trasformarlo in un punto vendita in grado di essere strumento di valorizzazione del nostro territorio? In Val di Sole abbiamo decine di produttori agricoli, allevatori e altre piccole imprese che faticano a trovare spazio nella Grande distribuzione organizzata classica e vengono messe a repentaglio dalle sue logiche spietate”.
Da qui l’idea del bando con vincoli precisi e stringenti: obbligo di vendere i prodotti alimentari secchi o senza confezionamento in plastica o altro materiale (per una quota di almeno il 70%) o usando vetro (per almeno il 20%). La soglia sale ad almeno il 90% per i prodotti liquidi (olio, vino e altre bevande) che, in più, per il 75% dovranno essere stati prodotti o trasformati entro 110 chilometri dal punto vendita.
Norme analoghe anche per il banco frigo (90% dei i prodotti sfusi o in vetro e l’80% dovrà provenire da massimo 40 chilometri di distanza) e per quelli ortofrutticoli freschi o trasformati come salse, sughi, creme e marmellate (90% sfusi o in vetro, dei quali 70% entro i 40 km e 20 entro i 110 km).
Inoltre, per i prodotti destinati alla pulizia e all’igiene, oltre ai requisiti dell’assenza di packaging e della provenienza territoriale, è stato inserito un obbligo di venderli in maxi-confezioni di vetro o alluminio per almeno il 20% del totale. Per trasportare la spesa poi tutti i contenitori dovranno essere realizzati in carta, stoffa o altro tessuto riutilizzabile. Niente plastica, insomma.
Ad aggiudicarsi il bando è stata la titolare di un’azienda agricola biologica della zona, Patrizia Pedergnana: una ragazza giovane della Val di Pejo, che ha deciso di “tornare alla terra” convinta che coniugare attività umane e tutela dell’ambiente e della biodiversità sia non solo necessario ma anche possibile, che si è messa in rete con altri produttori locali, come il giovane Giacomo
Bertolini, che produce piccoli frutti, e Marina Panizza, che produce aceto di mele selvatiche e raccoglie erbe spontanee.
Nella sua azienda da tempo produce tipicità agricole locali, “compresi i famosi crauti di montagna” spiega Patrizia. In più, insieme a un’associazione locale, è diventata “Custode dei semi” per salvarli dall’estinzione. “È per me un onore coltivare le antiche sementi della Val di Sole. Credo sia un passo concreto per salvare la biodiversità e riportare alla via un pezzo della storia dei nostri nonni. Peraltro, i semi tradizionali dimostrano di avere una grande capacità di adattamento alle condizioni del territorio di origine per quanto difficili possano essere”.
Per lei, il nuovo supermarket è un passo in più verso il suo obiettivo: “Creare un piccolo agrodistretto biologico a chilometro zero, ai piedi delle vette alpine dell’Ortles Cevedale”. Per riuscirci ovviamente, cruciale è la collaborazione sia dei vari produttori locali sia dei consumatori finali (“hanno uno straordinario potere nelle loro mani eppure ancora troppo poco spesso se ne rendono conto” confessa). Ma anche i titolari dei punti vendita possono fare molto: “il nuovo supermercato diventerà anche un riferimento per una serie di servizi che facilitano la vita della popolazione: free wi fi, servizio di prenotazione visite specialistiche, servizio di stampa dei referti medici e di assistenza all’accesso della cartella clinica elettronica, punto di recapito dei medicinali inviati dalle farmacie dei comuni limitrofi, servizio di consegna della spesa a domicilio”.
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