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La sostenibilità favorisce l’operazione “cervelli di ritorno”.

La sostenibilità favorisce l’operazione “cervelli di ritorno”.

L’esempio di 5 giovani talenti tornati grazie a ClimatePartner

Anni di esperienza all’estero, poi il rientro e una nuova opportunità professionale, nella filiale italiana dell’azienda tedesca. Grazie alla crescita della consapevolezza in sostenibilità ambientale. Cinque manager raccontano le loro storie tra motivazioni personali e obiettivi professionali. “Clima e ambiente sono due ambiti con ampi margini di espansione fra le imprese. E ai giovani diciamo: non abbiate paura di sbagliare”

Milano, 7 giugno 2022 – Eppure ritornano. Ed è un’ottima notizia, soprattutto per chi vuole guardare avanti con speranza legittima e ben motivata, superando una certa retorica del declino capace di solleticare facili consensi. Per anni l’espressione “cervelli in fuga” ha saputo diffondersi un po’ ovunque, dalle chiacchiere conviviali alle narrazioni giornalistiche, fino al dibattito politico con tutto quel che ne segue. Nulla di scorretto, intendiamoci: il fenomeno esisteva ed esiste eccome e le cause – poche opportunità, limitata innovazione, scarsa valorizzazione economica delle competenze – sono ampiamente note. Il fatto, però, è che ad emergere talvolta è anche l’inatteso rovescio della medaglia. Prendete un’azienda innovativa, un settore in espansione, un insieme di prospettive professionali e culturali. E aggiungete cinque persone, altrettante vicende, e tante aspettative differenti caratterizzate però da molti tratti comuni… il risultato potrà sorprendervi. Anche se a ben vedere non ci sarebbe nulla di cui stupirsi. Perché nell’Italia che guarda al futuro a partire dalla comprensione del presente sembra esserci sempre più spazio per una storia diversa. Quella del percorso inverso. Quella dei nuovi “cervelli di ritorno” aiutati dalla sostenibilità ambientale.

Scelte personali, voglia di crescita e amore per la Terra

Lisa, Francesca e Cecilia, così come Abdulla e Ivano, hanno compiuto percorsi diversi a partire dalla formazione. Ma oggi, dopo molti anni all’estero, condividono la stessa scelta lavorando come sustainability manager a ClimatePartner Italia. Fondata a Monaco, in Germania, nel 2006, l’azienda ha aperto recentemente i suoi uffici anche a Milano. Il suo obiettivo? Assistere le imprese nella riduzione del loro impatto climatico misurando le emissioni ed elaborando soluzioni per la loro riduzione fino al raggiungimento della carbon neutrality. La filiale italiana si sta espandendo rapidamente. Due terzi degli impiegati sono donne e il team ha un’età media di circa 30 anni. “Desideravo lavorare per una società che segue tematiche ambientali e che ha aperto un ufficio in Italia, dove la voluntary climate action non è ancora mainstream”, racconta Lisa Mazzon, nemmeno trentenne, una laurea magistrale in finanza. Dopo aver lavorato per una società del settore fintech a Zurigo, Lisa ha deciso di tornare “per recuperare la vicinanza alla famiglia e cogliere l’opportunità di portare la climate action in un mercato ancora vergine”. Il suo pensiero è condiviso da Francesca Milani, laurea in economia e un passato oltre confine in una multinazionale della moda: “Il valore aggiunto della vita in Italia? Qualità della vita, possibilità di avere i miei familiari accanto”, spiega. Ma non è tutto: “Dove vivevo prima era difficile parlare di sostenibilità alle aziende perché questi aspetti erano trattati prevalentemente nelle sedi centrali”.

La sostenibilità è la professione del futuro

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Con i suoi 26 anni, Cecilia Litta Modignani è la più giovane del gruppo nonché l’unica a portare nel curriculum una formazione umanistica di stretta osservanza, per così dire, con una laurea triennale in Filosofia conseguita alla Cattolica di Milano e una laurea magistrale in Etica applicata presso la Ruhr Universitat di Bochum, in Germania. “L’insoddisfazione per il mio lavoro mi ha spinta a cercare altri sbocchi professionali nel settore della sostenibilità”, spiega. “Avendo già vissuto in quattro Paesi diversi ho deciso di mettere a frutto le esperienze maturate all’estero qui in Italia”. Presso ClimatePartner, Cecilia ha trovato l’occasione che cercava. Un’opportunità tutt’altro che scontata. “La sostenibilità a sé stante non esiste, è sempre da considerarsi all’interno di uno specifico campo di applicazione, per questo è difficile generalizzare. Purtroppo non sempre le aziende danno priorità a questo aspetto nelle decisioni su budget e investimenti”. La cose, però, stanno cambiando in fretta: “In Italia cresce la consapevolezza dell’importanza della sostenibilità nel mondo degli affari”, rileva Abdulla Moustafa, ingegnere ventinovenne con un passato da consulente in Olanda nel settore dell’economia circolare. “In questo quadro, inevitabilmente, crescono anche le opportunità di lavoro”. Insomma, la sostenibilità “dà davvero da mangiare”, conferma, Ivano Assenza, 34 anni, laurea in Economia all’Università del Kent. Già Account Manager per aziende del calibro di Microsoft, Hewlett-Packard, Softonic ed Expedia, Ivano è rientrato in Italia con le idee chiare: “La sostenibilità è il futuro ed è destinata a fare parte del nostro modo di vivere e di lavorare così come dell’approccio mentale delle generazioni attuali e future”, spiega. “Da tutto questo nasceranno tantissime opportunità trasversali, sta solo a noi decidere come e quando”.

“I giovani? Sbagliare prima è importantissimo”

La vita all’estero appartiene ormai al passato. Restano i ricordi (ma senza rimpianti a dire il vero). E la consapevolezza che qualcosa inevitabilmente mancherà. C’è chi evoca “lo stile di vita e il clima”, chi ripensa “all’accoglienza della gente”, chi sottolinea “Il piacere di parlare una lingua straniera tutto il giorno”. E poi tutto il resto. “L’immersione in una cultura diversa”, ricorda qualcuno. “L’ordine e la precisione svizzeri, anche se non così tanto come immaginavo”, dice Lisa sorridendo. La certezza, in ogni caso, è che gli anni vissuti altrove rappresentano per tutti una risorsa dal valore inestimabile. E il bagaglio di conoscenze accumulate, di esperienze svolte, di vita vissuta, insomma, mette ora i cinque giovani manager nelle condizioni di poter fornire preziosi suggerimenti ai ragazzi e alle ragazze ancora più in erba, che oggi sono all’università. Quali? “Seguire la propria passione” innanzitutto. E poi: “tenere aperte più opportunità possibili”, “acquisire competenze tecniche” o, meglio ancora, “flessibili e trasversali”. E, soprattutto, non avere mai paura di fare errori. Anzi. “Sbagliare prima è importantissimo per identificare meglio il proprio percorso”, conclude Ivano. “Siamo in momento storico dove tutto è possibile, se c’è veramente qualcosa che ti appassiona non devi aver paura di scegliere quella strada. L’importante è che tu capisca cosa è veramente giusto per te in base alla tua personalità, al tuo modo di essere e ai tuoi valori”.

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